Erbil, October 7, 2016
Sun dried coloured carpets.
Large rugs, Persian carpets reminding me of my grandmother's living room.
Rugs that take back to my mind those happy days, a long time ago, in the grand dining room, with my family around. Everybody is busy doing things that make people happy.
Gather, eat, play, fight, love, protect each other.
These rugs, already playing with my memories, are now a bed for someone else.
Many children, women and men are sleeping on these carpets.
They arrived in this camp a few days ago.
It’s their new bed.
They left their destroyed homes, fleeing from their town set on fire.
You cannot take your bed with you when you become a displaced person.
A "lucky" displaced person, because you are still alive. Because you even got a bed.
How different can be the perception we can have when looking at the same thing.
A joy, memory of an endless serenity.
A pain, memory of a dreadful fear.
So, who am I to belong to the first part of these memories?
Who decides that there are happy carpets and sad carpets ?
War, hatred and indifference, they decide.
I do not want to play this game.
I want all homes full of happy carpets to walk on them, not feeling the cold of a freezing floor.
I want all homes filled with warmth, homes which do not know any war and any fear.
Sono tappeti messi ad asciugare al sole. Tappeti grandi, mi ricordano i tappeti persiani del salotto di mia nonna. Tappeti che riportano alla mente giorni felici di tanti anni fa nella grande sala da pranzo, con la mia famiglia intorno, indaffarata a fare cose che fanno le persone felici. Stare insieme, mangiare, giocare, litigare, amare, proteggersi. Questi tappeti che giocano con la mia memoria ora sono un giaciglio. Ci dormono i bimbi, le donne e gli uomini che sono arrivati in questo campo per sfollati qualche giorno fa. Un nuovo letto, il loro l'hanno lasciato nella casa distrutta o incendiata nella città da dove sono fuggiti. Non lo puoi portare via il tuo letto, ne hai uno nuovo ora che sei uno sfollato. Uno sfollato fortunato. Perché sei ancora vivo. Perché hai addirittura un letto. Come è diversa la percezione che si può avere quando si guarda la stessa cosa. Una gioia, il ricordo di una infinita serenità. Un dolore, il ricordo di una grande paura. E chi sono io per appartenere alla prima parte di ricordi? Chi lo decide che ci sono tappeti felici e tappeti tristi? Lo decide la guerra, l'odio e l'indifferenza.
E io a questo gioco non voglio giocare.
Io voglio le case piene di tappeti felici, per camminarci sopra e non sentire il freddo di un pavimento ghiacciato, e per sentire il calore di una casa piena di gente che non conosce ne' guerra, ne' paura.
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